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C’era una volta, migliaia di anni or sono, un lago. Si trovava a Santa Maria Maggiore, che ovviamente allora non esisteva, ma, comunque, al centro della Valle Vigezzo, sulla linea spartiacque che separa le acque che scendono dai monti verso l’Ossola, ad ovest, da quelle che si dirigono verso le Centovalli, ad est. Era un lago postglaciale e tutte le acque allora, sia che provenissero da nord, dai monti dell’Ossola, sia che provenissero da sud, dai monti della Valgrande e della Cannobina, si riversavano in esso. In effetti abbiamo visto che la zona attorno alla chiesa di Santa Maria non venne abitata sino al XIII secolo circa a causa delle inondazioni che ancora si susseguivano anche se il lago ormai era scomparso, lasciando solo una vasta zona paludosa che scomparve completamente solo a fine Ottocento.

I laghi, si sa, hanno un emissario ed il nostro lago non faceva eccezione. Il suo emissario si chiamava “Melezzo” e, come sempre in questi casi, si era aperto una via erodendo i depositi morenici che bloccavano la valle. Eppure, si, qualcosa di strano c’era. Questo Melezzo lo si trovava sia ad est che ad ovest del lago ma contrariamente ai laghi, “normali” in cui un fiume è da un lato immissario, dall’altro emissario, in entrambi i casi, trovandosi il lago sulla linea spartiacque, l’acqua scorreva dal lago verso il basso. Da un lato quindi l’acqua scendeva in Ossola, dall’altro nelle Centovalli, mentre gli immissari erano piccoli torrenti che entravano nel lago da nord e da sud. La strana posizione orizzontale della Valle Vigezzo, un altipiano ad 800 metri di quota che ai lati degrada bruscamente verso l’Ossola e le Centovalli, aveva causato questa stranezza ….. Poi, lentamente, il ghiaccio scomparve, il lago si ridusse e le acque in entrata da nord si riunirono in un unico torrente e si diressero verso est, quelle provenienti da sud fecero lo stesso dirigendosi verso ovest. Frammezzo le paludi. Nacquero così due fiumi separati e diversi che mantennero entrambi il nome dell’emissario del lago scomparso: Melezzo. Per distinguerli divennero il “Melezzo occidentale” che nasce in Cannobina, dal Pizzo Ragno, costeggia Santa Maria Maggiore a sud e si dirige verso Druogno e l’Ossola per sfociare, dopo 13 chilometri, nel Toce, ed il “Melezzo orientale” che nasce sui monti della Valle Vigezzo, dalla Pioda di Crana, costeggia Santa Maria Maggiore a nord e si dirige ad est, verso Re e le Centovalli per sfociare dopo 40 chilometri, nel fiume Maggia. Appena passato il confine svizzero questo Melezzo diviene, nel rispetto appunto della forma dialettale che pone al femminile i fiumi il cui nome termina per “a”, “la Melezza”, complicando ulteriormente la comprensione dell’orografia della Valle. Abbandonando l’altipiano per precipitare di colpo nelle valli sottostanti i due Melezzo hanno scavato profonde gole: l’Orrido di Ponte Maglione fra Re e Camedo e la Forra di Orcesco verso l’Ossola ne sono immediata testimonianza.  Questa strana storia, scandita dalla “Linea Insubrica”, cioè la linea tellurica, che attraversa la valle da ovest ad est, dalla “linea spartiacque”, che attraversa Santa Maria da nord a sud, dalle glaciazioni e dalle erosioni è “scritta” nelle “filliti di Re”, quelle foglie fossili conservate in depositi argillosi, e nelle 182 varietà di minerali che le trasformazioni geologiche hanno generato in Valle.

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