lungo la Via Francisca
La “Porta Romana” detta anche “Porta della Valle”, perché da qui partiva la via che conduceva in Valle Strona, è in realtà medievale, risalendo al 1100 d.C. Esistevano un tempo ad Omegna ben cinque porte, nelle diverse direzioni, ma le altre quattro sono scomparse. La […]
La Via Francisca Ossola, Cusio e NovareseAnzola d’Ossola è lontana solo una manciata di chilometri verso sud da Pieve Vergonte, poco prima di Ornavasso, in Bassa Ossola. Si tratta di un piccolo, graziosissimo villaggio, composto da casette ristrutturate con gusto ed estremamente curato nei dettagli. Fiori ovunque, numerose edicole votive affrescate, […]
62 santuari BlogVinzaglio, l’unico paese del Novarese sulla Via Francigena
IncontriQuando, nel XVI secolo, la riforma protestante sconvolse l’Europa, molti furono i monasteri che ad essa aderirono. Fra essi anche l’Abbazia di San Gallo. L’Abbazia di San Martin in Disentis, presso il Passo del Lucomagno e quindi al confine – allora – con la diocesi […]
Blog Surselva e Canton TicinoQuando, nel XVI secolo, la riforma protestante sconvolse l’Europa, molti furono i monasteri che ad essa aderirono. Fra essi anche l’Abbazia di San Gallo.
L’Abbazia di San Martin in Disentis, presso il Passo del Lucomagno e quindi al confine – allora – con la diocesi di Milano, rimase fermamente cattolica, un baluardo di fede proprio sulle Alpi. Fu così che il 26 agosto del 1581 Carlo Borromeo salì a Disentis attraversando la valle di Blenio a cavallo. Il 28 dello stesso mese il Cardinale raggiunse l’Abate Christian von Castelberg per un incontro destinato ad alimentare la stretta di alleanze necessaria ad opporsi al dilagare del protestantesimo in Europa, sottoscrivendo un patto per la difesa della fede cattolica contro l’invasione protestante che legò Milano a Disentis ed a Saint Maurice, in Vallese.
Purtroppo per lui però, volle andare anche a San Gallo, Carlo Borromeo. Voleva ricondurre quei monaci passati al protestantesimo alla “vera fede” ma forse sopravvalutava sé stesso. A ironica memoria di quella sua visita, a lui San Gallo ha dedicato una porta della città, la Karlstor, la “porta di Carlo”. Fu infatti quella la porta da cui il Borromeo entrò con ogni onore a cavallo, uscendone poco dopo in tutta fretta, per tornarsene a Milano, costretto ad abbandonare per sempre l’idea di una San Gallo e di una Svizzera esclusivamente cattoliche. Curiosamente, la Karlstor è l’unica porta ancora esistente delle otto che si aprivano nelle mura delle fortificazioni della città di San Gallo. Si trova in pieno centro, accanto alla bellissima Abbazia, sconsacrata da Napoleone ed oggi sede del governo della città e di una meravigliosa biblioteca, che raccoglie 2100 manoscritti, 400 dei quali risalgono a prima dell’anno 1000, e 170.000 volumi. La Stiftbibliotek (biblioteca abbaziale) di San Gallo, patrimonio Unesco, è ritenuta una delle più antiche (VIII secolo) e belle del mondo, e le sue immagini hanno ispirato “Il nome della rosa” di Umberto Eco. Gli interni non possono venir fotografati, per cui la foto allegata è estratta dal sito www.myswitzerland.com
Si, anche i pubblicitari, o meglio gli esperti di marketing, ora hanno un patrono. Chissà se lo sanno, potrebbero approfittarne per promuoverlo con una bella iniziativa pubblicitaria…… Le cose sono andate così: nel XV – XVI secolo i francescani percorsero in lungo ed in largo […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseSi, anche i pubblicitari, o meglio gli esperti di marketing, ora hanno un patrono. Chissà se lo sanno, potrebbero approfittarne per promuoverlo con una bella iniziativa pubblicitaria……
Le cose sono andate così: nel XV – XVI secolo i francescani percorsero in lungo ed in largo le nostre contrade, erigendo chiese ad uno dei santi a loro più cari, San Bernardino, o ricordandolo in affreschi e Sacri Monti. Sul percorso della Via Francisca che dal Lucomagno scende a Novara troviamo diverse sue immagini, segno della devozione a questo loro Santo rappresentante. Si, perché San Bernardino, nato a Siena da famiglia nobile, vissuto fra il XIV ed il XV secolo, era anch’egli un francescano. Ma cosa lo ha fatto diventare “Patrono dei pubblicitari”?
Ebbene, è stato il promotore del primo “logo” conosciuto, il famosissimo trigramma “JHS” che troviamo riprodotto in chiese e conventi e che è poi divenuto il “logo” dei Gesuiti.
In realtà il logo JHS non è stato inventato da San Bernardino, lui si è limitato a proporlo con fede ed insistenza. Il simbolo circolava da tempo. Si tratta infatti di un trigramma di origine greca, che si incontra su monete e oggetti bizantini fin dal settimo – ottavo secolo per indicare “Signore Gesù”. Con il tempo si dimenticò l’origine greca, lo si volle latino ma lo si interpretò ancora come “Gesù” inserendo nel nome Jesus una inesistente “H”. Gli vennero anche date altre, più note e fantasiose interpretazioni come “Jesus Hominem Salvator” oppure “In Hoc Signo (vinces)”, una visione questa che si disse mandata da Dio all’imperatore Costantino che si fece allora cristiano.
San Bernardino proponeva questo suo simbolo circondato da un sole a dodici raggi, ad ognuno dei quali dava un preciso significato teologico, esponendolo sull’altare durante la messa. Molto apprezzato, il logo venne poi ripreso da Ignazio da Loyola e dai Gesuiti che ne fecero il proprio sigillo ed emblema, un emblema che compare oggi anche sullo stemma di Papa Francesco, gesuita. Per questo successo, per essere stato cioè il primo ad aver “lanciato” un “logo” sacro, San Bernardino è considerato oggi il patrono dei pubblicitari.
Lungo il nostro percorso troviamo il simbolo JHS, ad esempio, sul castello di Agnellengo (in immagine la Torre di Agnellengo), un tempo convento gesuita, e fra i dipinti nell’Oratorio dei Santi Nazario e Celso a Sologno.
Molti conoscono la splendida Chiesa Parrocchiale Romanica di Armeno, al centro della parte novarese/verbanese della via Francisca. Ma quanti sanno della rarità che in essa si custodisce e della sua storia? Su una colonna, nel passaggio che conduce al fonte battesimale, sulla destra di chi […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseMolti conoscono la splendida Chiesa Parrocchiale Romanica di Armeno, al centro della parte novarese/verbanese della via Francisca. Ma quanti sanno della rarità che in essa si custodisce e della sua storia?
Su una colonna, nel passaggio che conduce al fonte battesimale, sulla destra di chi entra, si nota un dipinto assolutamente anomalo. Si tratta di un “Cristo tricefalo”, una rappresentazione talmente rara che in Italia se ne ricordano pochissime. Una è affrescata sulla volta di Santa Maria delle Schiacciaie a Montelaterone in Toscana altre +-ne troviamo nella chiesa di Sant’Agostino a Norcia, nella chiesa di San Salvi a Firenze e sulla facciata della Basilica di San Pietro a Perugia, un dipinto quest’ultimo interpretato precedentemente come una Madonna tricefala derivata dal “culto della grande Madre” di origini pagane. Un’altra divinità tricefala, scolpita, non dipinta, si può osservare su un capitello di Casa Zuelli, nel centro storico di Edolo, in Val Camonica. Anche in Svizzera ne esiste una traccia. Un Cristo tricefalo si trova infatti a Giornico, in Valle Leventina, nella chiesa di San Nicolao. È un’opera risalente al 1478, dovuta al pennello di Nicolao da Seregno.
Una manciata in tutto. Una rarità, come dicevamo. In realtà in passato ne esistevano molte altre, trattandosi di un modo – sopravvissuto al paganesimo, come molte usanze cristiane – con il quale dal XII secolo veniva rappresentata la Trinità. Era detto il “vultus trifrons”.
Ma venne Lutero, che accusava i cattolici di superstizione e di idolatria essendo molte loro usanze derivate dal paganesimo. Questo sospetto di contaminazione non era accettabile per la chiesa di allora. Papa Urbano VIII fece quindi cancellare, nel 1628, tutte le immagini che potevano rifarsi a culti legati a divinità trifronti, come i romani Ecate e Cerbero, signori degli inferi, che rammentavano pericolosamente il demonio.
Anche il Cristo trifronte di Armeno venne cancellato in quegli anni. Non per l’ordine del Papa, in realtà, ma perché proprio in quel periodo la chiesa in cui ancora si trova venne usata come lazzaretto per gli appestati. E, finita la peste, la necessaria disinfezione, con applicazione di una mano di calce alle pareti cancellò non solo il Cristo ma ogni cosa. Fino ai restauri che lo riportarono finalmente alla luce, splendida traccia di un’epoca lontana centinaia di anni.
Lo trovate a poca distanza dal cimitero, lungo la via provinciale che attraversa il borgo di Vogogna, curiosamente inserito in un condominio rosso il cui nome “condominio monastero”. ne tradisce le origini Girandogli attorno troverete tracce delle vecchie mura che un tempo collegavano gli edifici […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseLo trovate a poca distanza dal cimitero, lungo la via provinciale che attraversa il borgo di Vogogna, curiosamente inserito in un condominio rosso il cui nome “condominio monastero”. ne tradisce le origini Girandogli attorno troverete tracce delle vecchie mura che un tempo collegavano gli edifici del monastero medievale dei Serviti alla chiesa, oggi chiesa cimiteriale e ridotta nelle dimensioni originarie da interventi di ampliamento del cimitero. Qui un tempo i frati dell’Ordine dei Serviti accoglievano i viandanti ed i mercanti che transitavano lungo la “via Francisca” che portava ai diversi passi alpini. Il portale mostra incisioni, scritte e decorazioni che permettono di riconoscerne l’originale funzione di accesso ad una istituzione religiosa.
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Troverete diverse “case dei Landvogti” in Canton Ticino, ma questa è particolarmente bella. Si trova a Lottigna, villaggio a breve distanza da Olivone, in Valle di Blenio, sulla via che porta – o arriva – dal Passo del Lucomagno. è stata la sede dei “signori” […]
Blog Surselva e Canton TicinoTroverete diverse “case dei Landvogti” in Canton Ticino, ma questa è particolarmente bella. Si trova a Lottigna, villaggio a breve distanza da Olivone, in Valle di Blenio, sulla via che porta – o arriva – dal Passo del Lucomagno. è stata la sede dei “signori” svizzero tedeschi che venivano inviati a governare il Cantone negli anni fra il 1513 ed il 1803, quando il Canton Ticino era “baliaggio” ossia “colonia” degli svizzeri che lo avevano sottratto ai milanesi. La sua facciata reca gli stemmi dei tre cantoni cui apparteneva la valle, l’interno mostra gli stemmi dei governatori di allora. La casa è divenuta un “museo del territorio” che narra la storia della valle e raccoglie testimonianze della vita di un tempo. La curiosità è data dalla raccolta di ricordi di un tale Mosè Bertoni, botanico bleniese emigrato in Sudamerica, in Paraguay, nell’Ottocento. Ma chi era costui? Conoscete la “Stevia Rebaudiana Bertoni”, il dolcificante più gettonato oggi? Mosè Bertoni è colui che ha scoperto questa pianta, che infatti porta il suo nome.
Sono i due santi svizzeri per eccellenza e non stupisce trovarli insieme in un paese, Ornavasso, abitato nei secoli dagli svizzeri Walser. Oggi sono l’uno patrono degli alpinisti, l’altro (cui è dedicata anche la parrocchiale di Ornavasso) patrono della Svizzera, ma nei lontanissimi tempi in […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseSono i due santi svizzeri per eccellenza e non stupisce trovarli insieme in un paese, Ornavasso, abitato nei secoli dagli svizzeri Walser. Oggi sono l’uno patrono degli alpinisti, l’altro (cui è dedicata anche la parrocchiale di Ornavasso) patrono della Svizzera, ma nei lontanissimi tempi in cui venne loro dedicata la chiesetta di Ornavasso in Italia erano ben poco conosciuti. I Walser – e non solo loro – credevano però da sempre che San Bernardo proteggesse da pesti e cavallette e a questo scopo sorsero gli oratori a lui dedicati. La traccia ci porta fuori Ornavasso, sulla strada per Migiandone. Qui, poco prima dell’imbocco della “Linea Cadorna” troverete, sotto il muraglione della ferrovia, un passaggio dedicato alla pista ciclabile. Attraversatelo e immediatamente di fronte troverete l’antico oratorio di San Bernardo che un tempo possedeva una pala d’altare dedicata ai due santi svizzeri ed un bel reliquiario in rame con resti ossei di San Bernardo stesso, probabilmente provenienti da Novara, un “regalo” medievale. Oggi la chiesetta è sconsacrata e serve da magazzino agli alpini.
C’era una volta la chiesa parrocchiale di Vogogna, posta sulla “via Francisca” e dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo, protettori dei viandanti. Risaliva pare al 1300, al momento cioè in cui Vogogna era divenuta “capitale della bassa Ossola” sostituendo Pieve Vergonte, distrutta da un’alluvione. Nei […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseC’era una volta la chiesa parrocchiale di Vogogna, posta sulla “via Francisca” e dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo, protettori dei viandanti. Risaliva pare al 1300, al momento cioè in cui Vogogna era divenuta “capitale della bassa Ossola” sostituendo Pieve Vergonte, distrutta da un’alluvione. Nei primi anni del Novecento il borgo si dotò di una nuova chiesa, nello stile “neoclassico” allora di moda. Tutti gli arredi della vecchia chiesa vi vennero traslati. E fu un bene. Il primo settembre 1975 infatti la vecchia chiesa crollò, collassando su se stessa. Ma una traccia è rimasta. Accanto alla nuova parrocchiale c’è una torre campanaria dotata, sulla facciata che guarda alla chiesa, di un bel portale in granito con altorilievi. Il portale della vecchia chiesa dei santi Giacomo e Cristoforo che si è salvato e qui ha trovato una nuova collocazione.
La chiesa della Natività di Maria è una delle più antiche dell’Ossola, perché presumibilmente risale all’anno Mille o prima ed è sicuramente una delle più belle chiese romaniche dell’Ossola stessa, con una stupenda facciata molto ben conservata. A breve distanza, su una punta rocciosa, venne […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseLa chiesa della Natività di Maria è una delle più antiche dell’Ossola, perché presumibilmente risale all’anno Mille o prima ed è sicuramente una delle più belle chiese romaniche dell’Ossola stessa, con una stupenda facciata molto ben conservata. A breve distanza, su una punta rocciosa, venne costruito nel XII secolo il campanile che ha accanto l’oratorio di Santa Marta. Le tracce del passato sono ovunque nella facciata ad archetti ciechi, nelle lesene e nei resti di affreschi all’interno. La chiesa è in pietra locale, con tetto in piode. Sul campanile il passato ha lasciato tracce non soltanto sotto forma di archetti ciechi ma anche in una scritta “A + MO” = anno domini millesimo. La trovate poco sopra l’altezza dei vostri occhi, sulla parete del campanile che guarda verso l’oratorio.
Le “Tracce di Meraviglie” che costellano il nostro territorio sono lì da secoli, a volte da millenni. Sono pietre, edifici, leggende, sapori. Hanno presidiato il nostro territorio, sono cresciuti con noi senza che ce ne accorgessimo e hanno contribuito a formare il nostro carattere, la […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseLe “Tracce di Meraviglie” che costellano il nostro territorio sono lì da secoli, a volte da millenni. Sono pietre, edifici, leggende, sapori. Hanno presidiato il nostro territorio, sono cresciuti con noi senza che ce ne accorgessimo e hanno contribuito a formare il nostro carattere, la nostra cultura di “ex lombardi”, oggi ticinesi, ossolani, cusiani, novaresi. Due sono particolarmente nel mio cuore. La piccola “Sontga Gada”, Sant’Agata in lingua romancia, una semplice bella chiesetta affrescata, alloggiata in un prato sul fiume Reno, fra i paesi di Disentis e Medél, al confine Grigioni – Ticino, là dove inizia il percorso che “Tracce di Meraviglie” vi porta a conoscere, e gli splendidi resti di San Giovanni Battista in Montorfano di Mergozzo, in Bassa Ossola, in un villaggio affacciato sopra la foce del fiume Toce a poco più di metà dello stesso percorso. In comune hanno l’origine, riconoscibile dal fatto di possedere tre absidi. Le due laterali a Sontga Gada sono in realtà nicchie dipinte. Non c’era spazio e dall’esterno non si notano. Ma ci sono. Quelle di San Giovanni emergono dai ruderi al suolo, accanto alla chiesa attuale. Le tre absidi ci dicono che le due chiese, lontane fra loro ma poste lungo la stessa via, sono di origine Carolingia. I due santi cui sono dedicate, Sant’Agata e San Giovanni Battista, risalgono ai primi anni del cristianesimo, le chiese originarie a pochi secoli più tardi. Gli affreschi di Sant’Agata sono in parte opera dei milanesi Cristoforo e Nicolao da Seregno, in parte burgundi. Due reali meraviglie, dovute ad antichi antenati comuni.