lungo la Via Francisca
Un hobby o un lavoro? Scrivere libri non può rappresentare che un hobby, senza dubbio. La maggior parte degli scrittori infatti non vive di libri, troppa concorrenza e bassissime royalties, ma fa piacere esprimere in un libro le proprie conoscenze, idee e sentimenti. I miei […]
Blog I miei libriDa Milano, uscite dall’autostrada a Galliate e prendete la direzione Pernate-Novara. Da Novara invece imboccate il cavalcavia di Sant’Agabio, poi corso Trieste e in cinque minuti arriverete a Pernate. Il Santuario, dedicato a Sant’Andrea, con l’aggiunta successiva della dedicazione a Madonna del Bosco si trova […]
62 santuari Blog Ossola, Cusio e NovareseC’è una chiesetta a Palagnedra, la chiesa di San Michele, al cimitero che racchiude una curiosità quasi dimenticata. Posto sul confine italo – svizzero di Camedo – Re , fra la Valle Vigezzo italiana e le Centovalli svizzere, il villaggio, piccolo, isolato sull’altra sponda del […]
La Via Francisca Surselva e Canton TicinoChiesa stupenda, facilmente identificabile perché al cimitero di Bellinzona. Presenta legami con Santa Maria delle Grazie di Varallo Sesia e venne consacrata dal vescovo di Novara di allora (1495) Giulio Galardo che le donò le reliquie che conserva. Un forte legame dunque fra Canton Ticino […]
62 santuari Blog Surselva e Canton TicinoChiesa stupenda, facilmente identificabile perché al cimitero di Bellinzona. Presenta legami con Santa Maria delle Grazie di Varallo Sesia e venne consacrata dal vescovo di Novara di allora (1495) Giulio Galardo che le donò le reliquie che conserva. Un forte legame dunque fra Canton Ticino e Alto Piemonte.
Il nucleo del Santuario di Santa Maria delle Grazie mostra ancora resti architettonici dell’antico convento francescano di cui faceva parte, in particolare il chiostro con volte a crociera e colonne sulle cui pareti si trova un ciclo di affreschi seicenteschi che narra episodi della vita di San Francesco. All’esterno, la lunetta sopra il portale della chiesa raffigura l’adorazione dei pastori, un affresco ormai sbiadito dal tempo. L’interno della chiesa mostra uno splendido tramezzo interamente affrescato con la vita e la passione di Cristo, un aiuto alla comprensione delle celebrazioni per tutti coloro che non sapevano leggere, come se ne incontrano anche negli oratori piemontesi, una “Bibbia dei poveri” quindi. Il tramezzo permetteva anche una netta suddivisione fra la parte della chiesa riservata ai frati e la parte riservata ai fedeli. Quest’opera, di cui è ignoto l’autore, richiama una parete analoga, opera del valsesiano Gaudenzio Ferrari, conservata nella chiesa di Santa Maria delle Grazie di Varallo Sesia (Valsesia, VC), in Piemonte. Ciò che vediamo oggi è il tramezzo completamente restaurato dopo che, la sera del Capodanno 1996, un terribile incendio lo aveva quasi distrutto, tenendo col fiato sospeso la capitale del Ticino e tutta la popolazione del cantone. La foto soprastante permette di notare la volta, interamente crollata e rifatta. Sotto il tramezzo due cappelle dedicate alla “Vergine dormiente” ed a Sant’Antonio. In quest’ultima trovate una statua lignea dedicata a San Nicolao della Flue, patrono della Svizzera. La chiesa conserva reliquie di S. Martino di Tours, San Teodoro e San Antonio abate, donate al momento della consacrazione, nel 1505, da monsignor Giulio Galardo allora Vescovo Vicario di Novara, per rafforzare i legami che li univano.
“Guida ai 62 Santuari lungo la Via Francisca “ incontro con l’autrice, Marilena Flury Roversi Moderatore Daniele Godio, storico e giornalista ingresso libero – www.traccedimeraviglie.it
Blog“Guida ai 62 Santuari lungo la Via Francisca “
incontro con l’autrice, Marilena Flury Roversi
Moderatore Daniele Godio, storico e giornalista
ingresso libero – www.traccedimeraviglie.it
Lo troviamo all’uscita del paese di Disentis, lungo la strada cantonale che porta a Coira, nella frazione di Songet, ad un centinaio di metri di distanza dall’Abbazia, di fronte all’Hotel Disentiserhof. Sorta su un luogo sacro, quello del martirio di San Placido – Sogn Placi […]
62 santuari Blog Surselva e Canton TicinoLo troviamo all’uscita del paese di Disentis, lungo la strada cantonale che porta a Coira, nella frazione di Songet, ad un centinaio di metri di distanza dall’Abbazia, di fronte all’Hotel Disentiserhof. Sorta su un luogo sacro, quello del martirio di San Placido – Sogn Placi nella dizione locale – la chiesa originale mostrava, sulla destra del portale principale, una nicchia nella quale i fedeli appoggiavano la testa. Si crede infatti che questo luogo, in cui San Placido venne decapitato, sia in grado di guarire dall’emicrania. Una cappella in onore di San Placido esisteva qui fin dal IX secolo. Le cappelle, spesso distrutte da valanghe, si sono poi susseguite sino al XV secolo quando venne costruita la chiesa. Altre valanghe colpirono il santuario anche ai nostri giorni, l’ultima negli anni Novanta causò grandi danni e privò la chiesa della sacrestia. La chiesetta venne quindi nuovamente restaurata nella forma attuale, il cui orientamento è mutato rispetto all’originale. All’interno, ai due lati dell’entrata si conservano due affreschi antichi. L’uno, a sinistra, narra la fine del crudele vescovo di Coira, Victor, precipitato nel Reno con il suo cavallo poco dopo aver fatto assassinare San Placidus la cui decapitazione è rappresentata nell’affresco sulla destra. Il dettaglio sopra citato, relativo alla “cura del mal di testa” potrebbe di primo acchito venir catalogato come superstizione popolare legata alla decapitazione di San Placidus. Ma non è così. Ci troviamo qui in un luogo particolare, che non a caso si è voluto identificare come il luogo del martirio del santo. Qui, da sempre, sgorgava la fonte radioattiva che trascinava con sé gas Radon da sottoterra. Il Radon possiede proprietà antidolorifiche tanto che ancor oggi acque termali che lo contengono vengono utilizzate come antireumatiche in alcune terme europee, un utilizzo iniziato quando si ignorava ancora che il Radon, inalato o ingerito, ha effetti cancerogeni. Si potrebbe ironizzare “il dolore è passato ma il paziente è morto”.
La fonte termale risanante era in ogni caso ben nota ai monaci, che già nel XVI secolo avevano realizzato una condotta per portare le acque calde in abbazia, costruendo una sorta di SPA ante litteram.Negli scorsi anni l’acqua venne poi utilizzata nella SPA dell’Hotel Disentiserhof, di fronte alla chiesa. Libera al pubblico restava solo una fontana di acque fresche. La SPA è ora chiusa.
Parliamo comunque di un luogo che per le sue caratteristiche era certamente ritenuto sacro anche nell’antichità, per cui il posizionamento del Santuario non è stato casuale, sia che la leggenda della decapitazione sia vera, sia che non lo sia. Il fatto che possano avvenirvi eventi miracolosi, in particolare guarigioni da mal di testa o dai reumatismi è infatti reale, seppur ad effetto limitato nel tempo e con qualche riserva.
Fomarco è una frazione di Pieve Vergonte posta sui monti sopra l’attuale villaggio e gode di una splendida vista sulla vallata. Una cappella dedicata alla Madonna pare essere esistita, nel luogo che oggi viene detto Santa Maria di Fomarco, da prima del XVI secolo, perché […]
62 santuari Blog Ossola, Cusio e NovareseFomarco è una frazione di Pieve Vergonte posta sui monti sopra l’attuale villaggio e gode di una splendida vista sulla vallata. Una cappella dedicata alla Madonna pare essere esistita, nel luogo che oggi viene detto Santa Maria di Fomarco, da prima del XVI secolo, perché si narra che da qui si passava, giungendo dai paesi vicini e perfino da Bannio e Macugnaga, per portare i morti alla Pieve, alla chiesa madre dell’Ossola, quella di Vergonte. Qui giunti i portatori “posavano” il defunto, per riposare un poco prima di proseguire il cammino.
Un’altra versione vuole invece che il Santuario dedicato a Santa Maria Assunta venga detto “della Posa” perché riconosciuto come la sosta naturale per chi arrivava un tempo dal fondovalle carico di gerle e con animali altrettanto carichi, diretto alle frazioni sui monti. Qui, infatti, si poteva trovare ristoro presso una piccola sorgente che ancor oggi sgorga nel cortile, di fronte al portico. Un altro santuario fra i campi sulla via del cimitero, come quello già incontrato lungo la Via Francisca in Canton Ticino, a Golino, la “Madona da Poss”.
Una croce di ferro indicava in questo punto anche il luogo delle rogazioni, il punto cioè da cui la campagna veniva benedetta ogni anno.
Il nome “Santa Maria della Posa” ricorre comunque solo dal 1530. Fu allora che si diffuse la voce in base alla quale qui si compivano prodigi e il popolo accorse in massa. Di tali eventi miracolosi però non resta traccia né ricordo, se non nell’ordinanza che il vescovo di allora, Arcimboldo, emise sottolineando che nella cappella si compivano molti miracoli e che quindi l’ammontare delle elemosine raccolte era notevole. Per tale ragione il vescovo chiedeva conto del modo in cui esse venivano impiegate, pena altrimenti la scomunica ed una multa di cento ducati. Il che dimostra che i santuari rendevano bene, allora come oggi.
Con l’aumentare del flusso di fedeli venne eretto, come riparo dalle intemperie, il portico, asimmetrico rispetto all’oratorio perché segue la forma della strada. L’oratorio di forma esagonale costituisce oggi il presbiterio della chiesa e mostra -affreschi del XV e XVI secolo. Sull’altare un dipinto ottocentesco che rappresenta l’Assunzione di Maria. Anche la campana risale solo al 1868.
Leggenda vuole che per ottenere una grazia dalla Madonna della Posa si debba accendere una candela e mantenerla accesa, sostituendola con una nuova, che deve essere accesa utilizzando il fuoco della precedente prima che si spenga, il tutto per almeno dieci giorni.
Santa Maria della Valle sorge poco sopra Monte Carasso, dalla parte opposta del fiume Ticino, in linea d’aria, rispetto alla chiesa di Santa Maria delle Grazie di Bellinzona. La si raggiunge prendendo la stradina (praticabile in auto) che sale a lato del torrente Sementina, che […]
62 santuari Blog Surselva e Canton TicinoSanta Maria della Valle sorge poco sopra Monte Carasso, dalla parte opposta del fiume Ticino, in linea d’aria, rispetto alla chiesa di Santa Maria delle Grazie di Bellinzona. La si raggiunge prendendo la stradina (praticabile in auto) che sale a lato del torrente Sementina, che segna il confine fra il villaggio di Sementina e quello di Monte Carasso. A piedi si tratta di 5 minuti, a partire dalla via cantonale, godendo anche della vista dei “fortini della fame” una fortificazione risalente alla metà del 1800, in parte visitabile. La chiesa è stata costruita proprio nell’alveo del torrente Sementina nel punto in cui esso sfocia nel fondovalle prima di immettersi nel Ticino. Il fatto che la chiesetta, sorta in mezzo ad un fiume in grado di produrre piene improvvise, non venne mai distrutta dalle acque rappresenta già di per sé un miracolo. Quello a cui si rifà il Santuario, secondo la tradizione, vuole invece che una povera donna del luogo, in un anno di miseria, il 1514, si fosse recata con i figli – un bambino e una bambina – in questo fondovalle per raccogliere qualcosa da mettere in tavola. Sorpresi da una piena improvvisa del fiume, la donna e i bimbi stavano per annegare quando apparve loro la Madonna che li trasse in salvo su un macigno al centro del torrente. In ricordo del miracolo venne costruita in quel punto una cappelletta, con un affresco ancora esistente che rappresenta la Santa Casa di Nazaret trasferita a Loreto, sopra il tetto della quale compare la Vergine con il Bambino.
Nel 1583 Carlo Borromeo, saputo del miracolo, si recò sul luogo, sollecitando come sempre la costruzione di una chiesa, che venne prontamente edificata. Nel coro della attuale chiesa è stato inglobato il masso su cui si narra che apparve la Vergine, con tutta la cappella originaria.
Nel corso dei secoli successivi attorno al Santuario, che per la posizione fungeva quasi da diga, il fiume, pur senza mai distruggerlo, ac-cumulò grandi quantità di detriti, che vennero al-lontanati all’inizio del Novecento, quando attorno vi venne co-struito anche un muraglione di protezione.
La chiesa ha assunto da allora vari nomi. Oltre che “Santa Maria di Valle” e “Madonna di Loreto” la chiesa viene detta infatti anche “Madonna degli emigranti” e “Madonna delle galline”.
Il nome di “Madonna degli emigranti” le viene dal fatto che qui venivano a pregare, chiedendo protezione, i poveri abitanti dei paesi vicini, costretti dalla miseria a partire in cerca di fortuna.
L’ altro nome è un poco dissacrante ma legato alla tradizione: “Madonna delle galline” perché, in occasione di alcune feste dedicate alla Madonna, il Santuario era meta di scampagnate che portavano grandi folle in questo luogo. Dopo la Messa era d’obbligo il picnic. Ed erano molte, pare, le galline che allora finivano arrosto su fuochi da campo, da cui il nome popolare della chiesa.
Nella frazione Cassinetta di Morghengo, verso la metà del 1700 una ragazzina ritrovò la vista fissando un’immagine della Madonna. Per saperne di più clicca qui
62 santuari BlogNella frazione Cassinetta di Morghengo, verso la metà del 1700 una ragazzina ritrovò la vista fissando un’immagine della Madonna.
Per saperne di più clicca qui Guida ai 62 Santuari
dal Passo del Lucomagno a Novara attraverso Canton Ticino, Ossola, Cusio e Novarese In occasione del Natale un libro strenna adatto a curiosi del nostro territorio, credenti e non. 208 pagine, 145 immagini a colori. Per acquistarlo clicca qui:
62 santuari Blogdal Passo del Lucomagno a Novara attraverso Canton Ticino, Ossola, Cusio e Novarese
In occasione del Natale un libro strenna adatto a curiosi del nostro territorio, credenti e non. 208 pagine, 145 immagini a colori. Per acquistarlo clicca qui:
Si avvicina l’autunno. Piove. Tempo di funghi. Ma se volete avventurarvi alla loro ricerca fra i boschi della Valle Vigezzo, ricordate di portarvi uno specchio. Secondo la tradizione, nascosto fra le rocce ed i cespugli potreste trovare, infatti, il basilisco, crudele, velenoso, pericoloso. Soltanto il […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseSi avvicina l’autunno. Piove. Tempo di funghi. Ma se volete avventurarvi alla loro ricerca fra i boschi della Valle Vigezzo, ricordate di portarvi uno specchio. Secondo la tradizione, nascosto fra le rocce ed i cespugli potreste trovare, infatti, il basilisco, crudele, velenoso, pericoloso. Soltanto il vedere la propria immagine riflessa può ucciderlo e per questo serve lo specchio.
Il basilisco è una delle creature che le genti di montagna hanno da sempre immaginato esistere, il riflesso delle loro paure nei confronti della natura sconosciuta. Qualcuno, fra gli anziani della valle, ha conosciuto qualcun altro che ha conosciuto qualcuno che a sua volta l’ha incontrato. Ogni paese della Valle lo descrive diversamene. Lo chiamano “Serpente gatto” o “serpente dagli occhiali”, o “serpente crestato” ma non striscia, cammina eretto. Può essere grande, piccolo, o crestato, appunto, ma non sempre. Il Basilisco, del resto, è leggenda comune alle valli alpine, tanto che nel 1723 un naturalista zurighese, Johann Jakob Scheuchzer nel suo libro “Itinerari nella regione alpina svizzera” dedica un intero capitolo agli “avvistamenti” del basilisco, con le testimonianze e le descrizioni di coloro che affermavano di averlo visto. Il libro fa parte oggi della “Mediateca Svizzera del Canton Vallese” e può venir consultato. A questo fiabesco essere Malesco, uno dei più bei villaggi della valle, ha voluto rendere onore trasformandolo in un simbolo. Nel 2002 il comune ha infatti fatto erigere, in piazza della chiesa, una fontana che lo rappresenta in grandezza “umana”, anche se, secondo “chi l’ha visto”, sarebbe molto più piccolo. Poiché il basilisco vive fra boschi e prati, la fontana su cui è rappresentato ha la forma della potentilla, un fiore giallo molto comune, quello che chiamiamo “falsa fragola” e che ritroviamo anche nello stemma del paese. I quattro petali sono divenuti le vasche della fontana, unite al centro da un grosso blocco di pietra ollare su cui si inerpica il basilisco in bronzo. Il successo di questa creatura, riportata in auge dalla saga di Harry Potter, vuol essere di augurio anche per il futuro del villaggio.
C’era una volta, migliaia di anni or sono, un lago. Si trovava a Santa Maria Maggiore, che ovviamente allora non esisteva, ma, comunque, al centro della Valle Vigezzo, sulla linea spartiacque che separa le acque che scendono dai monti verso l’Ossola, ad ovest, da quelle […]
Blog Ossola, Cusio e NovareseC’era una volta, migliaia di anni or sono, un lago. Si trovava a Santa Maria Maggiore, che ovviamente allora non esisteva, ma, comunque, al centro della Valle Vigezzo, sulla linea spartiacque che separa le acque che scendono dai monti verso l’Ossola, ad ovest, da quelle che si dirigono verso le Centovalli, ad est. Era un lago postglaciale e tutte le acque allora, sia che provenissero da nord, dai monti dell’Ossola, sia che provenissero da sud, dai monti della Valgrande e della Cannobina, si riversavano in esso. In effetti abbiamo visto che la zona attorno alla chiesa di Santa Maria non venne abitata sino al XIII secolo circa a causa delle inondazioni che ancora si susseguivano anche se il lago ormai era scomparso, lasciando solo una vasta zona paludosa che scomparve completamente solo a fine Ottocento.
I laghi, si sa, hanno un emissario ed il nostro lago non faceva eccezione. Il suo emissario si chiamava “Melezzo” e, come sempre in questi casi, si era aperto una via erodendo i depositi morenici che bloccavano la valle. Eppure, si, qualcosa di strano c’era. Questo Melezzo lo si trovava sia ad est che ad ovest del lago ma contrariamente ai laghi, “normali” in cui un fiume è da un lato immissario, dall’altro emissario, in entrambi i casi, trovandosi il lago sulla linea spartiacque, l’acqua scorreva dal lago verso il basso. Da un lato quindi l’acqua scendeva in Ossola, dall’altro nelle Centovalli, mentre gli immissari erano piccoli torrenti che entravano nel lago da nord e da sud. La strana posizione orizzontale della Valle Vigezzo, un altipiano ad 800 metri di quota che ai lati degrada bruscamente verso l’Ossola e le Centovalli, aveva causato questa stranezza ….. Poi, lentamente, il ghiaccio scomparve, il lago si ridusse e le acque in entrata da nord si riunirono in un unico torrente e si diressero verso est, quelle provenienti da sud fecero lo stesso dirigendosi verso ovest. Frammezzo le paludi. Nacquero così due fiumi separati e diversi che mantennero entrambi il nome dell’emissario del lago scomparso: Melezzo. Per distinguerli divennero il “Melezzo occidentale” che nasce in Cannobina, dal Pizzo Ragno, costeggia Santa Maria Maggiore a sud e si dirige verso Druogno e l’Ossola per sfociare, dopo 13 chilometri, nel Toce, ed il “Melezzo orientale” che nasce sui monti della Valle Vigezzo, dalla Pioda di Crana, costeggia Santa Maria Maggiore a nord e si dirige ad est, verso Re e le Centovalli per sfociare dopo 40 chilometri, nel fiume Maggia. Appena passato il confine svizzero questo Melezzo diviene, nel rispetto appunto della forma dialettale che pone al femminile i fiumi il cui nome termina per “a”, “la Melezza”, complicando ulteriormente la comprensione dell’orografia della Valle. Abbandonando l’altipiano per precipitare di colpo nelle valli sottostanti i due Melezzo hanno scavato profonde gole: l’Orrido di Ponte Maglione fra Re e Camedo e la Forra di Orcesco verso l’Ossola ne sono immediata testimonianza. Questa strana storia, scandita dalla “Linea Insubrica”, cioè la linea tellurica, che attraversa la valle da ovest ad est, dalla “linea spartiacque”, che attraversa Santa Maria da nord a sud, dalle glaciazioni e dalle erosioni è “scritta” nelle “filliti di Re”, quelle foglie fossili conservate in depositi argillosi, e nelle 182 varietà di minerali che le trasformazioni geologiche hanno generato in Valle.